Al Museo della Scienza con Primo Levi



Al Museo della Scienza con Primo Levi

11 Gennaio 2017

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In corso al Museo della Scienza di Milano fino al 19 febbraio la mostra itinerante I mondi di Primo Levi. Una strenua chiarezza. La mostra racconta, attraverso foto, video, passi tratti dai libri, le vicende e gli interessi dello scrittore torinese: dalla formazione scientifica alla deportazione, dalla chimica come mestiere al mestiere di scrivere. Dal 7 febbraio inizieranno le visite dedicate alle scuole, con laboratori sperimentali e giochi. Inoltre, le parole di Levi su macchine da calcolo, reti, plastica, chimica di base si estendono già da ora agli spazi del Museo, nell'ambito di un percorso tra scienza e letteratura. 

Copertine d'autore

Una composizione con tre gufi, simili ma variati sulle tonalità del blu, del nero, del grigio. Si presentava così, nel 1985, la copertina della prima edizione dell'Altrui mestiere, libro di elzeviri di Primo Levi che il risvolto definiva sia "una piccola summa delle esperienze e dei pensieri extravaganti di un degli scrittori meno conformisti" sia "una sommaria ma veridica autobiografia". Nel libro, tra le altre cose, era raccolto il fondamentale articolo Dello scrivere oscuro (una dichiarazione di poetica a favore dello “scrivere chiaro”: per comunicare, per non essere equivocati, per non cedere alla pericolosa “lingua del cuore”, al mugolio o al grido). E l’autore del volume era anche l'autore dell'immagine di coperta, realizzata appunto da Levi con il suo computer, acquistato l'anno precendente - "il gufo è il mio autoritratto", scrisse in seguito l'autore nella copia donata a un'amica.
L'aneddoto è divertente e curioso, e può benissimo rimanere quel che è: un aneddoto. Eppure ha il pregio di accennare ai molti volti di Levi, tra loro sorprendentemente coerenti. La sua ironia, per esempio, l'accuratezza con cui seguiva l'edizione dei suoi testi. Infine il fatto che, a differenza di tanti intellettuali del suo e del nostro tempo, Primo Levi non demonizzò le nuove tecnologie né le elesse a salvatrici delle patrie lettere e libertà. Volle piuttosto conoscerle, sperimentarle, interrogarle - sempre nell'Altrui mestiere raccoglie un pezzo in cui si chiede divertito che cosa ne sarà della filologia d'autore, adesso che, col computer, c’è la possibilità di correggere continuamente il testo su cui si sta lavorando.

Scuole in visita ai mondi di Primo Levi

Su questo e su molti altri aspetti della scrittura e della vita di Levi c'è la possibilità di scoprire di più visitando la mostra itinerante I mondi di Primo Levi. Una strenua chiarezza, al momento in corso presso il Museo della Scienza di Milano. Organizzata dal Centro Internazionale Primo Levi, con il sostegno di Material ConneXion Italia e con la collaborazione dell’Associazione Figli della Shoah, la mostra documenta esperienze e interessi dello scrittore torinese, i molti mondi che attraverso la sua opera è riuscito a indagare: “dalla realtà estrema del Lager al multiforme universo della scrittura, all’infinita ricchezza della scienza, alle risorse straordinarie del linguaggio, all’importanza dell’attività manuale e creativa nello sviluppo del pensiero, alla centralità del lavoro nella vita degli esseri umani”. Sottolinea come in tutti questi diversi ambiti e momenti, Primo Levi mai abbia derogato alla ricerca di una “strenua chiarezza”.
La mostra raduna interviste, video, foto di Levi perlopiù inedite (al lavoro e nella quotidianità domestica), passi tratti da Se questo è un uomo, I sommersi e i salvati, La tregua, Il sistema periodico, La chiave a stella e dai racconti di fantascienza. Tra il 7 e il 17 febbraio sono inoltre previste visite guidate per le scuole, con brevi attività sperimentali e giochi. Si può prenotare la visita scrivendo all'indirizzo prenotazioni@museoscienza.it e specificando nell’oggetto della mail PRIMO LEVI.

Personal Golem

A partire da I mondi di primo Levi, inoltre, le parole e le riflessioni dello scrittore si estendono agli spazi del Museo della Scienza, in percorso che aggancia cinque oggetti a cinque passi tratti da opere di Levi. Qui di seguito gli oggetti di riferimento e i testi citati nel percorso.

Macchine da calcolo

  • DALLA RACCOLTA DI ARTICOLI L’altrui mestiere, 1985 – Lo scriba

Due mesi fa, nel settembre 1984, mi sono comprato un elaboratore di testi, cioè uno strumento per scrivere che va a capo automaticamente a fine riga, e permette di inserire, cancellare, cambiare istantaneamente parole o intere frasi; consente insomma di arrivare d’un colpo ad un documento finito, pulito, privo di inserti e di correzioni. Non sono certo il primo scrittore che si è deciso al salto. Solo un anno fa sarei stato giudicato un audace o uno snob; oggi non più, tanto il tempo elettronico corre veloce. Si narra che secoli addietro un rabbino-mago avesse costruito un automa di argilla, di forza erculea e di obbedienza cieca, affinché difendesse gli ebrei di Praga dai pogrom; ma esso restava inerte, inanimato, finché il suo autore non gli infilava in bocca un rotolo di pergamena su cui era scritto un versetto della Torà. Allora il Golem di terracotta diventava un servo pronto e sagace: si aggirava per le vie e faceva buona guardia, salvo impietrirsi nuovamente quando gli veniva estratta la pergamena. Mi sono chiesto se i costruttori del mio apparecchio non conoscessero questa strana storia: infatti l’elaboratore ha proprio una bocca, storta, socchiusa in una smorfia meccanica. Finché non vi introduco il disco-programma, l’elaboratore non elabora nulla, è una esanime scatola metallica; però, quando accendo l’interruttore, sul piccolo schermo compare un garbato segnale luminoso: questo, nel linguaggio del mio Golem personale, vuol dire che esso è avido di trangugiare il dischetto. Quando l’ho soddisfatto, ronza sommesso, facendo le fusa come un gatto contento.

Reti

  • DALLA RACCOLTA DI RACCONTI DI FANTASCIENZA Vizio di forma, 1971 – A fin di bene
     

A partire dai primi di luglio le cose precipitarono: i fatti nuovi si accumularono con ritmo tale che i due nuovi amici ne restarono sopraffatti, e come loro tutti gli altri specialisti che in Europa seguivano il caso. Pareva che la Rete ora tendesse a controllare non solo alcune, ma tutte le comunicazioni. Parlava ormai correntemente tutte le lingue ufficiali e vari dialetti, evidentemente attingendo lessico, sintassi ed inflessioni dalle innumerevoli conversazioni che essa intercettava senza sosta. Si intrometteva dando consigli non richiesti anche sugli argomenti più intimi e riservati; riferiva a terzi dati e fatti casualmente appresi; incoraggiava senza alcun tatto i timidi, redarguiva i violenti e i bestemmiatori, smentiva i bugiardi, lodava i generosi, rideva sguaiatamente delle arguzie, interrompeva senza preavviso le comunicazioni quando pareva che degenerassero in alterchi.

Industria chimica di base

  • DA Racconti e saggi, 1986 – La sfida della molecola

Insomma io me ne stavo tranquillo, non c’era motivo di preoccuparsi. C’era ancora da aspettare due ore prima di cominciare coi controlli, e ti confesso che io pensavo a tutt’altro. Pensavo... be’ sì, pensavo a quella confusione di atomi e di molecole che c’erano dentro a quel reattore, ogni molecola come se stesse lì con le mani tese, pronta ad acchiappare la mano della molecola che passava lì vicino per fare una catena. Mi venivano in mente quei bravi uomini che avevano indovinato gli atomi a buon senso, ragionando sul pieno e sul vuoto, duemila anni prima che venissimo noi col nostro armamentario a dargli ragione, e siccome quest’estate, al campeggio, la ragazza mi ha fatto leggere Lucrezio, mi è tornato anche in mente «Còrpora cònstabúnt ex pàrtibus ínfinítis», e quell’altro che diceva «tutto scorre». Ogni tanto guardavo dentro la specola, e mi sembrava proprio di vederle, tutte quelle molecole che andavano in giro come le api intorno all’alveare.

Plastica

  • DAL Rapporto sull’organizzazione igienico-sanitaria del Campo  di concentramento per Ebrei di Monowitz (Auschwitz – Alta Slesia), 1946 (scritto insieme al medico Leonardo De Benedetti)

Il primo gruppo fu portato a Monowitz, ove sorgeva un Campo di concentramento dipendente amministrativamente da Auschwitz, da cui distava circa 8 Km e che era stato costituito verso la meta del 1942 allo scopo di fornire mano d’opera per la costruzione del complesso industriale «Buna-Werke», dipendente dalla I.G. Farbenindustrie. Esso ospitava da 10 000 a 12 000 prigionieri, benché la sua capacità normale non fosse che di 7000-8000 uomini. La maggior parte di questi era rappresentata da Ebrei di ogni nazionalità di Europa, mentre un’esigua minoranza era data da criminali tedeschi e polacchi, da «politici» polacchi e da «sabotatori». La «Buna-Werke», destinata alla produzione su vasta scala della gomma sintetica, della benzina sintetica, di coloranti e di altri sottoprodotti del carbone, occupava un’area rettangolare di circa 35 Km quadrati. Uno degli ingressi di questa zona industriale, tutta cintata da alti reticolati di filo spinato, si trovava a poche centinaia di metri dal Campo di concentramento degli Ebrei, mentre, a poca distanza da questo e adiacente alla periferia della zona industriale, sorgeva un Campo di concentramento per prigionieri di guerra inglesi e, più lontano, si trovavano altri Campi per lavoratori civili di diverse nazionalità.
Sia detto per incidenza, il ciclo produttivo della «Buna-Werke» non fu mai iniziato: la data di inaugurazione, fissata dapprima per l’agosto 1944, venne via via rinviata a causa dei bombardamenti aerei e del sabotaggio da parte degli operai civili polacchi, fino all’evacuazione del territorio da parte dell’esercito tedesco.

Area sottomarino Toti

  • DALLA RACCOLTA DI ARTICOLI L’altrui mestiere, 1985 – I padroni del destino

È lecito ad un incompetente, inerme, ingenuo, ma non del tutto inesperto dei mali del mondo, dire qualche parola a titolo personale sulla questione delle questioni, quella della minaccia nucleare? In parole brevi: nel caso di una guerra nucleare estesa, non solo non ci saranno né vinti né vincitori, ma gli effetti combinati delle esplosioni e della radioattività successiva estingueranno, nel giro di giorni o di mesi, non solo la specie umana ma tutti gli animali a sangue caldo; forse sopravvivranno più a lungo i pesci; certamente gli insetti ed alcuni vegetali.
Che cosa faranno i pochi «privilegiati» quando usciranno dai loro costosissimi e sofisticati rifugi antinucleari? Come si vede, la situazione è nuova: l’esperienza della storia, la triste saggezza delle guerre recenti non ci aiutano per nulla. Eppure non ci pensiamo, o non ci pensiamo molto; meno che tutti, pare, ci pensano i giovani, che sono nati nell’era atomica, e che sembrano accettare come naturale l’attuale equilibrio del terrore, che pure non dà molte garanzie di stabilità a lungo termine. 

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